Le cose che portiamo sul mare
Portiamo lacrime nei nostri occhi: arrivederci padre, arrivederci madre…
Portiamo terra in piccole borse; che la casa non svanisca mai nei nostri cuori
Portiamo nomi, storie, memorie dei nostri villaggi, campi, navi
Portiamo cicatrici da una guerra per avidità in cui ci siamo trovati
Portiamo carneficina di estrazione mineraria, siccità, inondazioni, genocidi
Portiamo polvere delle nostre famiglie e dei vicini inceneriti in nuvole a forma di fungo
Portiamo le nostre isole che affondano nel mare
Portiamo le nostre mani, piedi, ossa, cuori e le nostre migliori menti per una nuova vita
Portiamo diplomi: medicina, ingegneria, infermeria, insegnamento, matematica, poesia, anche se non valgono niente sull’altra sponda del mare
Portiamo binari ferroviarii, piantagioni, lavanderie, bodegas, camioncini di tacos, fattorie, fabbriche, case di riposo, ospedali, scuole, templi… costruiti sulle schiene dei nostri antenati
Portiamo vecchie case lungo la colonna vertebrale, nuovi sogni nel nostro petto
Portiamo l’ieri, l’oggi e il domani
Siamo orfani delle guerre cui ci hanno costretti
Siamo rifugiati del mare che si alza dai rifiuti industriali
E portiamo le nostre lingue madri …
მიყვარს, حب, bogoh, amor, love, amour...
سلام , katengtreman, udo, paz, peace, paix...
olile anya, harepan, 希望, امید, hope, esperanza, আশা, умедворем, espoir...
mentre andiamo alla deriva su gommoni… da una costa… a una costa… a una costa

PS Di questa poesia ricevuta da altri amici volontari con i rifugiati in Chios non ho tradotto fedelmente solo la parte delle lingue in cui viene incluso l’ebraico israeliano… ho preferito aggiungere traduzioni in lingue dei migranti che giungono in Europa… non ci sono migranti/rifugiati da Israele che arrivino in Europa